LA LEGA OLTREPASSA IL PO
«Il dato elettorale più importante è che la Lega ha oramai
oltrepassato il Po, scendendo a valle del grande fiume. Ora diventa
restrittivo definirla solo come “Lega padana” visto che sta
diventando anche “Lega emiliana” o “Lega marchigiana” e via
discorrendo. In secondo luogo è che domani mattina (questa mattina,
ndr) scopriremo che in tutte, o quasi tutte, le province del Nord la
Lega è il primo partito, anche in Piemonte e non più solo in
Veneto». Così Paolo Feltrin, politologo dell’Università di Trieste
ed esperto delle dinamiche sociali e politiche del Nord-Est,
commenta a caldo l’esito del voto per le Regionali. Con un’aggiunta:
«La Lega vince anche sull’astensionismo e il suo successo diventa il
motore politico di tutto il centrodestra, vedremo con quali
contraccolpi. Sull’altra sponda, quella del centrosinistra, la crisi
e lo scontento sociale non hanno pagato, contrariamente alle attese
della vigilia».
La Lega vince anche l’astensionismo?
«Questo è il primo dato politico rilevante anche perché l’idea di
fondo era quella, oramai storica, che l’astensionismo avrebbe
premiato di più il centrosinistra. Invece questo non è accaduto, in
particolare proprio grazie al risultato ottenuto dal partito di
Bossi. E così è la Lega a trainare questo risultato».
L’avanzata, insomma, tinge di verde tutto il Nord?
«Tanto da diventare, questa avanzata leghista, il motore di tutto il
risultato elettorale. Cioè in questo momento, se la vittoria in
Piemonte di Cota sarà confermata dai dati ufficiali, il centrodestra
è interamente scosso da questa affermazione».
Con contraccolpi anche dentro lo stesso centrodestra?
«Non credo, anche se su questo punto esistono diverse
interpretazioni e diversi scenari possibili. D’altra parte sappiamo
bene come il Pdl sia attraversato da due linee politiche. La prima
fa riferimento a Giulio Tremonti, la seconda risponde a Gianfranco
Fini. La tesi del ministro dell’Economia, in sostanza, è che la Lega
non è altro che una grande corrente all’interno del centrodestra e
che quindi, prima di tutto, gli accordi si trovano al Nord, cioè con
i leghisti, e che, poi, si dialoga col Sud. La seconda strategia è
quella del rafforzamento del Pdl in quanto partito con la sua
piattaforma programmatica e di valori. Solo in un secondo momento si
raggiunge l’intesa con i Lumbard. Sono due posizioni politiche molto
diverse». Prima del voto, i politologi concordavano su un dato
rilevante: la conquista del Piemonte e del Lazio sarebbe stata
cruciale. È stato proprio così?
«Certo. Il Piemonte è passato al centrodestra e così anche il
Lazio».
Torniamo al Nord: quali altre tendenze emergono dalle urne sul
fronte leghista?
«Il dato più importante è che la Lega ha oramai oltrepassato il Po,
scendendo a valle del grande fiume. Ora diventa restrittivo
definirla solo come “Lega padana” visto che sta diventando anche
“Lega emiliana” o “Lega marchigiana” e via discorrendo. In secondo
luogo è che domani mattina (questa mattina, ndr) scopriremo che in
tutte o quasi tutte le province del Nord la Lega è il primo partito,
anche in Piemonte e non più solo in Veneto».
Sul fronte opposto, quello dell’opposizione, cosa è successo?
«Succede che, curiosamente, il centrosinistra appare in grandi
difficoltà».
Perché «curiosamente»?
«Di solito, una crisi economica così grave come quella che sta
attraversando il Paese dovrebbe favorire il voto per l’opposizione e
penalizzare, all’opposto, chi governa. Non è stato così, almeno al
Nord».
Dentro il centrosinistra chi soffre di più?
«I democratici. Ogni volta che ci sono delle elezioni, i voti per la
sinistra sembrano andare da tutte le parti – questa volta verso Di
Pietro o Grillo – tranne che al partito di Bersani. Questa
difficoltà è speculare a quella del Pdl, certo. Con un aggiunta
finale: il Pd avrebbe dovuto raccogliere, più di altri, lo scontento
sociale ed economico determinato dalla recessione. Non è stato
così».
di Daniele Vaninetti da Eco di Bergamo del 30 marzo
2010
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